Se eri bambino negli anni ’70, quando arrivava il carnevale, non è che ci fosse chissà quale varietà di travestimenti a disposizione. Certo alle femmine andava pure peggio. Per loro solo vestitini da fatina, unica personalizzazione ammessa, la tonalità del colore.
Per noi maschi esisteva invece la famosa doppia-scelta. A seconda delle proprie simpatie i seienni si dividevano in due grandi correnti filosofico/carnevalizie: o Cowboy, o Zorro.
Io appartenevo alla seconda: giustiziere mascherato.. ricco e snob (che però amava il popolo). Niente a che vedere insomma con quei buzzurri dalla pistola facile che passavano la giornata a radunar mucche. Altro stile, altro passo.
Per cui, alla festa in prima elementare, il mio sogno era mascherina nera, mantello, spadino e il cappello con la Z.
Sogno che s'infranse nel momento in cui i miei decisero di affidare a mio nonno Mario l’acquisto del costume.
Oh, tanto per focalizzare, il nonno Mario era uno con una trentina di feste dell’Unità alle spalle come volontario e una viscerale simpatia per i piani quinquennali dell’Unione Sovietica.
Ovviamente un avo così non condivideva la mia passione verso il giustiziere con la spada.
Risultato? Anche se non ho mai saputo come ci sia riuscito, si è presentato a casa con un costume da piccolo cosacco (!!!).
Ora, va bene la controcultura di sinistra, ma andare alla festa vestito da Michele Strogoff a quel tempo non lo interpretavo esattamente come il massimo della vita. Ma ero senza vie di scampo, anche l’ultimo tentativo di simular un’influenza fu stroncato con la prova termometro.
Arrivai quindi in classe con l’umore di uno di fronte al patibolo.
Dentro era tutto un brulicare di cowboy inzaccherati di cioccolata, fatine multi-color e tre zorri alti un metro. E poi c’ero io.
- “Scusa da che saresti vestito te ?”
- “Da Michele Strogoff!”
- "..........Ah, occhei.".
Come è noto, i bambini possono essere molto cattivi ma in quel caso no, i vari zorri e cowboys si comportarono più che altro da stronzissime teste di cazzo in erba, obbligandomi a stare bendato perché il mio personaggio, che era "cieco", lo imponeva.
Passai così le tre ore successive seduto, accudito da caritatevoli fatine a bere fanta e mangiar sfrappole canticchiando una versione particolarmente toccante di Oh bella ciao. La scelta anomala del nonno aveva fatto breccia nei duri cuori delle proto-donne.
Ecco, avete appena letto di come raggiunsi (non per mio merito) l'apice del successo con l'altro sesso. Mai più nei 32 anni che sono seguiti ho più toccato vette simili di consenso, con o senza colbacco.
Questo credo che spieghi la mia attuale avversione per la fanta, le canzoni popolari e soprattutto sfrappole di carnevale.